Simone Rolandi

Era un pomeriggio soleggiato di una calda primavera. Seduto sul basso muro di un vialetto, appoggiato a una colonnina in pietra come quelle medioevali dell’adiacente piccolo chiostro dell’eremo in cima al colle, dove spesso cercavo il silenzio. Il sole filtrava fra le foglie di vite utilizzata come copertura, a mo’ di pergola; i suoi raggi illuminavano la mia fronte e le pagine, mentre le pagine di quel libro illuminavano la mia anima… Avevo diciassette anni, ricordo ancora il gusto nel leggere quelle frasi, seguivo le righe come un assetato cerca l’acqua e finalmente, a un certo punto, bevvi. Madame Blawatsky descriveva la settemplice natura dell’uomo! Era la prima volta che incontravo nelle parole di un testo quella che vivevo come una vivente, rivelante verità: è indelebile l’entusiasmo di quel momento; tutto appariva più chiaro, mi sentivo espanso. Fu l’incontro con la Teosofia che mi portò successivamente all’opera di Rudolf Steiner. Poi, inevitabilmente, un pezzo di scalpitante vita.
Ho lasciato gli studi di chimica, ho imparato il mestiere dell’assaltatore paracadutista, mi sono scrollato di dosso quell’oscura, ma formativa maschera e mi sono diplomato in arte.
Ho terminato la formazione in arteterapia presso l’istituto Cinabro di Oriago (VE). Negli anni passati ho incontrato persone come naturopata e nella relazione d’aiuto in qualità di counselor. Nel tempo mi hanno sempre accompagnato gatti e motocicletta: i primi, maestri di ecletticità; la seconda, nei lunghi viaggi, strumento di essa.
Ho co-fondato l’associazione “il giardino dell’anima” per la diffusione di cultura alternativa e dell’amato Aikido; in seguito ho partecipato alla fondazione della scuola di Naturopatia umanistica “Hermes” di Padova della quale sono responsabile didattico e parte del collegio insegnanti.
Mi occupo della parte artistica e cerco di introdurre gli studenti al nutrimento dell’Antroposofia. L’acquerello è il profumato giardino di rose e acuminate spine dove faccio i conti con me stesso; dove chiedo umilmente all’Arte di illuminarmi la Via e permettermi di farmi portatore di essa, ricordando le parole di Paul Klee: “l’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è”.

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